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le mani nella scuola (inutile sfogo)


insegnare in una scuola professionale non è sempre facile. più che altro bisogna abituarcisi.
è indispensabile fare il callo su certe questioni che, al di fuori di questo tipo di scuole, non sono nemmeno affrontate.

prima di tutto la motivazione.
tu metti a disposizione dei tuoi allievi la tua professionalità, la tua rete di conoscenze, i trucchi del mestiere perché, fortunatamente, in questo tipo di scuola puoi giocarti anche queste carte. non c'è solo la teoria dei libri ma c'è la realtà. se hai passione riesci a fare entrare la realtà nella scuola, che non è una cosa scontata nella scuola italiana.
poi però ti ritrovi ragazzi troppo giovani (16, 17, 18 anni) che sono nella fase peggiore della loro crescita e che, nella stragande maggioranza dei casi, non hanno ancora capito (e alcuni non lo capiranno mai) che la scuola è importante. un po' perché nessuno gliel'ha mai detto, un po' perché gli otto anni precedenti gliel'hanno fatta odiare, un po' perché nemmeno i loro genitori lo pensano, un po' perché il mondo del lavoro è talmente miope da far passare il messaggio opposto. e sfido chiunque a riuscire a convincere un diciassettenne che la trigonometria sarà la sua marcia in più quando vorrà fare carriera o diventare imprenditore (insegno ai carpentieri in legno, una razza rara).

secondariamente la scuola (almeno la mia) è un ambiente vecchio e stravecchio.
può sembrare un'argomentazione scontata ma è veramente e tragicamente così. noi facciamo entrare a scuola un sacco di ditte esterne a fare seminari. le ditte vengono volentieri, vengono gratis, ci regalano materiale, spintonano tra di loro per poterlo fare.
e cosa riceviamo in cambio dai colleghi e dalla dirigenza? male parole, accuse di fancazzismo, critiche imbecilli, menefreghismo. ma se una scuola professionale non si spalanca al mondo del lavoro che cosa pensa di insegnare ai propri iscritti?
poi se provo ad usare un po' di strumenti "innovativi" (ho i brividi solo a scriverlo) apriti cielo. lezioni su gugol drive, comunicazioni coi ragazzi via mail, una pagina facebook autogestita: dalla sede centrale mi scrivono dicendo che l'unica canale di comunicazione verso l'esterno deve essere controllato da loro. vabbé.

terzo elemento la sicurezza. noi li facciamo lavorare, hanno molte ore di laboratorio, e li facciamo andare in tirocinio in giro. se fino a qualche anno fa le cose erano discretamente gestibili ora è tutto estremamente complesso.
faccio solo un esempio per far capire il livello di incriccatura che il sistema ha raggiunto.
due anni fa un collega di laboratorio con un ragazzo disabile ha realizzato un tagliere da regalare alla madre del ragazzo. un tagliere per affettare il salame. uno.
per farlo ha recuperato un tocco di faggio e lo hanno lavorato assieme. qualche mese dopo passa un ispettore e, casualmente, trova quello che rimaneva del legno intagliato.
hanno chiuso il laboratorio e ci hanno dato una multa fuori di testa. tutto perché? perché il faggio è un legno di latifoglia catalogato tra i legni duri e, secondo la normativa italiana, le sue polveri sono cancerogene e un minorenne (noi abbiamo tutti ragazzi minorenni) non può essere esposto a queste polveri.
ora, io capisco che queste polveri possano essere cancerogene e che i minorenni vadano tutelati, però siamo totalmente fuori dalla realtà. non esiste senso pratico nell'affrontare i problemi, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro.

indipendentemente da tutto, la grande delusione che provo è quella di non vedere sufficientemente valorizzata la scuola professionale, qualunque essa sia.
nessuno ne parla, nessuno la prende in mano, nessuno le dà l'importanza che dovrebbe avere. perché per ripartire in italia non servono solo i cervelli (in fuga) ma anche le mani.

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Una risposta a "le mani nella scuola (inutile sfogo)"

  1. mattia ha detto:

    leggendo questo articolo non può che non scapparmi un sorriso, dato che anche nel mio piccolo ho vissuto questa esperienza…
    condivido tutto si può dire, dal fatto che a quell’età si cerca di stare sempre sopra le righe quindi ripensandoci finita la scuola, t guardi allo specchio e pensi:” certo che sono stato proprio un caz***e, e poi per qual motivo?”.
    e leggendo poi anche l’articolo del vostro calo di ore a settimana distinguendo insegnanti “validi” e insegnanti “no”.
    poi rileggendo l’ultimo punto riguardo al lavoro manuale diciamo che in Italia purtroppo è sotto valutato, anzi in certi casi sottovalutato…con la mia esperienza di 2 anni in Norvegia ho notato che li è quasi il contrario…perchè se negli altri stati un muratore, idraulico, falegname e via dicendo sono persone rispettate in Italia se non hai una laurea sei considerato uno zerbino? esempio abbastanza banale ma penso che ci possa stare, senza muratore la casa non si fa, ma senza geometra il muratore riesce a costruirla…

    però adesso dopo 3 anni che sono uscito da scuola, pensi ancora alla fortuna di aver avuto certi insegnanti, che oltre alle materie scolastiche hanno formato anche come persona, e non hai che ringraziarle, anche se ahime, si certe, tante, troppe volte, è mancata la mancanza di rispetto per chi come loro volevano (utilizzo una frase che in 2 anni ci ha fatto uscire dalle orecchie)..PRIMA UOMINI, POI CARPENTIERI!!!
    cosi da farti capire chi erano i professori e invece chi erano i MAESTRI che a parer mio ce ne vorrebbero molti di più per aiutare una professionale, al posto che pensare solo come andare a far bella figura davanti alle istituzioni….

    quindi concludo con un GRAZIE

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