presente

inseguitore


oggi ho smesso di seguirti. ho smesso di spiare nella tua vita attraverso quello che decidevi di condividere con i tuoi followers. ho sempre pensato di essere qualcosa di più, per te, di un semplice inseguitore.
ci siamo conosciuti, virtualmente, più di dieci anni fa. oddio, forse anche prima: potrebbero essere anche dodici o tredici. il mondo funzionava in un modo diverso, i rapporti virtuali erano demonizzati, mi sentivo sbagliato ad aver stabilito un legame tanto forte con una persona che non avevo mai visto. ho combinato un sacco di casini per non perderti, perché per me eri importante. fondamentale.
poi, col tempo, le cose sono cambiate. molto, troppo. e ci siamo persi. l’unico spiraglio che mi ero mantenuto per spiarti (sì, spiarti. perché ero curioso, morbosamente curioso di sapere se stavi bene, se eri contenta, se eri serena (no, non è vero. era solo un modo per ricevere un tuo eventuale segnale, per leggere tra le righe che ti mancavo. ma non è mai successo)) era essere un tuo follower. che brutta parola. con quel retrogusto di asimmetria tra chi fa qualcosa e chi si limita a inseguire, a trascinarsi dietro qualcun altro.

ieri sera ho messo a fuoco che tu hai la tua vita. l’hai sempre avuta, chiaro, ma non c’è più spazio per me (e mò lo capisci? guarda che è da un po’ che è così. eh, certe volte son lento a capire le cose).
anch’io ho la mia, incasinata e inconcludente più del necessario, ma non ne potrò più parlare con te.

un rimpianto? sì.
quella sera, quell’unica sera, sul marciapiede avrei dovuto baciarti.

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